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Il contesto

SANT’ANTIMO, Comune in provincia di Napoli, si trova a 57 mt. sul livello del mare e dista 16 km dal Capoluogo di provincia. Risulta ben collegata con Napoli e i paesi limitrofi da una fitta rete stradale, dagli autobus di linea e dalla stazione ferroviaria.

Testimonianze archeologiche documentano l’esistenza di un centro abitato nel perimetro del territorio comunale fin dal IV secolo A.C. Pagus dell’antica Atella o, secondo l’ipotesi avanzata da alcuni studiosi, sito della città di Osca, Sant’Antimo assunse l’attuale denominazione nel corso del medioevo con il consolidarsi del culto al Santo di cui porta il nome. Il documento più antico in cui vengono menzionati gli “homine Terrae S.Anthimi” è del 1112. Sant’Antimo fu feudo dei Filangieri Stendardo, Orsini, Revertera, Ruffo, Mirelli e, in seguito, divenne principato.

L’attuale assetto urbano della città risale ai decenni immediatamente successivi all’unità d’Italia e fu finalizzato a facilitare i commerci con il territorio regionale e nazionale dei prodotti e delle attività industriali allora fiorentissime quali, in particolare, la lavorazione del cremore di tartaro e della canapa. I “cristalli di Sant’Antimo” erano conosciuti in tutto il mondo come il prodotto qualitativamente più elevato del cremore di tartaro. Il Cremore di Tartaro fu definito dall’Enciclopedia Britannica come “S.Antimo’s Cremore”. Il Comune di Sant’Antimo è stato, altresì, centro agricolo di primaria importanza fino alla metà del secolo scorso.

In tale contesto, l’istruzione si diffuse ed una classe di professionisti si formò e distribuì le sue esperienze su tutto il territorio nazionale. Uomini come Nicola Romeo, fondatore dell’Alfa Romeo, ed il Cardinale Alessandro Verde, vicino al soglio pontificio e Difensore della fede nei procedimenti di beatificazione, videro la luce in quel periodo.

Un altro prodotto della terra locale, le “noci Aversane”, riportarono ancora in auge la città, facendone una delle maggiori produttrici nazionali. Tale primato continuò fino alla fine degli anni cinquanta, quando l’arrivo delle produzioni Californiane e Mediterranee determinò una crisi nel mercato interno per il crollo del prezzo del prodotto, che, pur conservando qualità organolettiche superiori, restò fuori dalle grandi commercializzazioni industriali.

La riconversione industriale fu difficile e lenta anche per le difficoltà intrinseche legate alle infrastrutture e ad una rete distributiva inadeguata e tipica delle realtà meridionali.

Per questo motivo, le risorse economiche sono state soprattutto indirizzate verso il terziario ed il commercio. L’artigianato ha assunto un ruolo produttivo trainante e le piccole imprese a conduzione familiare hanno costituito l’ossatura portante dell’economia locale. Negli ultimi decenni la città ha conosciuto il disordine urbanistico che caratterizza tutto il territorio a nord di Napoli in coincidenza della crisi che ha colpito tante piccole e medie industrie che un tempo rappresentavano la ricchezza di questa zona. La conseguenza dell’impoverimento del tessuto economico ha comportato gli alti livelli di disoccupazione giovanile, persistenza del fenomeno dell’emigrazione lavorativa, attività operanti nel settore terziario legate prevalentemente ai servizi pubblici, ricerca di nuove funzioni e ruoli delle tradizionali attività agricole e artigianali. La popolazione residente sta registrando negli ultimi anni una lieve decrescita e un tasso di natalità in diminuzione.